Ricordo di Daniel Stern


È scomparso a Ginevra lo psicoanalista americano Daniel Stern, molto conosciuto in Italia non solo per i suoi libri e i suoi contributi scientifici, ma anche per la sua forte presenza nel mondo universitario italiano e nei seminari annuali dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici a Napoli. Vogliamo ricordarlo ai nostri lettori anche perché Stern ha fatto parte del Comitato Scientifico della nostra Rivista praticamente fin dalla sua nascita.
Sul piano scientifico Daniel Stern ha letteralmente rivoluzionato la nostra concezione della mente umana, infatti non dobbiamo dimenticare che il mondo psicoanalitico americano, dove lui si è formato, era ancora fortemente influenzato dalla Psicologia dell’Io e in particolare dalla lezione di Rapaport, che aveva cercato di dare una più solida fondazione alla metapsicologia freudiana creando tuttavia un modello della mente rigido e fondamentalmente autocentrato. Sempre in questa prospettiva si era mossa la psicoanalista Margaret Mahler che aveva riaffermato il carattere addirittura autistico del mondo del lattante, riprendendo la metafora freudiana dell’uovo che contiene al suo interno le sostanze nutritizie.
Stern con una sua ricerca del 1977 sbaraglia letteralmente questa concezione monadica del lattante descrivendo le interazioni fra una madre e i due figli gemelli nei primi mesi di vita: mentre con l’uno l’interazione e lo scambio sono soddisfacenti, con l’altro vi è un reciproco rincorrersi senza mai incontrarsi. Questa ricerca, come altre realizzate nel suo laboratorio alla Cornell University, costituiscono il tessuto su cui Stern costruisce una nuova concezione dello sviluppo umano, che si intreccia fin dai primi attimi di vita con l’altro, riconfermando quanto scrisse Merleau-Ponty secondo cui l’incontro con l’altro è l’incontro con la storia stessa, ossia in primo luogo il mondo dei significati intersoggettivi.
Nel 1985 viene pubblicata la sua opera più organica “Il mondo interpersonale del bambino” (Bollati Boringhieri) che mette a confronto la psicoanalisi con la psicologia dello sviluppo, in cui Stern percorre le tappe di costruzione del sé infantile non solo dal punto di vista del comportamento ma anche dell’esperienza soggettiva, ossia come ci si apre al mondo degli altri. Il libro rimette in discussione molte certezze della psicoanalisi, soprattutto perché le nuove concezioni si basano su un rigoroso lavoro di revisione scientifica evitando, come spesso succede in questo campo, conclusioni impressionistiche o inferenze poco giustificate. Nonostante il libro si concentri sul mondo del bambino, le sue implicazioni riguardano l’intero edificio teorico e clinico della psicoanalisi, a cui gli psicoanalisti rispondono in modo contrastante: da una parte vi è la comprensione che il modello psicoanalitico non può rimanere ingessato evitando confronti con altre discipline scientifiche, mentre dall’altra viene ancora una volta utilizzata l’accusa che tutto questo non abbia a che fare con la psicoanalisi.
Ma la creatività e il gusto per la ricerca di Stern non si fermano e la sua esplorazione si indirizza sempre più al campo clinico, come è testimoniato dal suo libro “Il momento presente” (Cortina Editore) pubblicato nel 2005. Qui l’attenzione viene rivolta allo scambio intersoggettivo fra terapeuta e paziente secondo il codice implicito, ossia quello che viene reciprocamente espresso nel contesto terapeutico attraverso la mimica, la gestualità, la postura del corpo, l’inflessione e l’intonazione del linguaggio e che spesso è determinante nello scambio e nella comprensione immediata dell’altro. E in questo contesto relazionale possono verificarsi  momenti presenti, ossia i cosidetti “now moments”, in cui avviene un incontro reciproco ed intenso fra due menti, a volte anche di pochi secondi, ma che rivelano improvvisamente verità su se stessi e sul rapporto intersoggettivo. Ed è un momento di cambiamento che introduce una nuova prospettiva con cui guardare se stessi.
Negli ultimi anni Stern ha ulteriormente ampliato la sua ricerca affrontando un tema abbastanza inesplorato dalla psicologia e dalla psicoanalisi, quello della vitalità, che costituisce un’esperienza fondamentale nella vita quotidiana, e che viene “sperimentata continuamente - secondo le parole di Stern - come l’aria che respiriamo”. È un’impressione che emerge dalle esperienze vissute di movimento, di forza, di tempo, di spazio e di intenzione e che è profondamente radicata nel corpo. È un tema indubbiamente affascinante anche perché si ricollega ai suoi interessi nel campo del ballo moderno, essendo stato per molti anni Presidente della Fondazione creata dal grande ballerino e coreografo americano Jerry Robbins.
Massimo Ammaniti